Il recupero crediti nella cessione del quinto della pensione.

Al giorno d’oggi, gli intermediari finanziari e bancari si trovano sempre più spesso ad affrontare la necessità di effettuare il recupero di un credito appartenente a una particolare tipologia di finanziamento. Parliamo dei finanziamenti di prestito personale contro cessione del quinto della pensione.

Ma qual è la natura di questo tipo di credito?

Lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli ha maturato una notevole esperienza nel settore del recupero credito, assistendo la propria clientela anche nel caso di crediti derivanti da cessioni del quinto della pensione.

  • Il finanziamento rimborsabile mediante cessione del quinto della pensione

Il finanziamento contro cessione del quinto della pensione è una tipologia di prestito personale erogabile da intermediari finanziari – iscritti nell’Albo Unico tenuto dalla Banca d’Italia ai sensi dell’art. 106 del Testo Unico Bancario (TUB) – ed intermediari bancari, che viene concesso  ad un soggetto privato (consumatore).

Secondo tale schema contrattuale, il consumatore si obbliga verso il finanziatore al rimborso rateale dell’importo finanziato mediante la cessione, del credito che il consumatore stesso vanta nei confronti dell’ente previdenziale  della propria pensione (nella misura massima di 1/5 della pensione stessa).

Quindi tale operazione, disciplinata dal DPR 180/1950 e dall’art. 1264 del codice civile, consiste in una vera e propria cessione di credito che vede interessati i seguenti soggetti:

  1. il cliente consumatore, detto cedente;
  2. l’istituto finanziatore (banca o intermediario finanziario), detto cessionario, a favore del quale il cliente cede il proprio credito costituito dalla quota mensile del trattamento pensionistico;
  3. l’ente previdenziale, detto debitore ceduto, quale nuovo soggetto obbligato nei confronti del cessionario, alla trattenuta e al versamento diretto mensile delle quote della pensione del cedente.

Ciò, affinché il finanziatore si veda rimborsato l’importo finanziato, oltre gli interessi e le spese come riportati nel contratto di finanziamento, secondo le scadenze previste nel piano di ammortamento e fino al soddisfacimento dell’intero credito.

  • I soggetti coinvolti

Quindi, una volta perfezionata tale operazione, il soggetto obbligato nei confronti del cessionario – per effetto della notifica dell’operazione stessa – diventa l’ente previdenziale.

Dall’altra parte, a seguito del perfezionamento dell’operazione di cessione, il titolare del credito derivante dal trattamento pensionistico è il cessionario.

Ciò rappresenta per gli intermediari finanziari e bancari un’ampia forma di garanzia. Infatti il soggetto che è obbligato al versamento delle quote del quinto della pensione è  l’ente previdenziale, soggetto dotato di una più ampia solidità anche economica, rispetto al cliente consumatore, il quale non sempre si trova in condizioni di potere provvedere regolarmente al pagamento delle rate.

Questo non vuole dire che il cedente, una volta perfezionatosi questo schema contrattuale, rimanga totalmente estraneo a tale operazione.

Possono infatti accadere delle ipotesi in cui il cessionario debba rivolgere in ultima istanza le proprie attività di recupero del credito proprio nei confronti del cedente.

E’ il caso, per esempio, in cui il cedente si trovi coinvolto quale soggetto passivo  in una procedura concorsuale o, più nello specifico di liquidazione giudiziaria, secondo la procedura di cui al D. Lgs. 14/2019 di recente attuazione.

Lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli ha affrontato in varie occasioni tale casistica, offrendo consulenza legale alla propria clientela al fine di risolvere tutte le questioni relative ad una tematica così specifica.

  • Questioni ancora aperte

La domanda principale da porsi è come verrebbe riconosciuto in tale caso il credito fatto valere dal creditore cessionario.

Infatti, se da un lato è chiara la titolarità del credito in capo al creditore cessionario per effetto della cessione intervenuta ai sensi del DPR 180/1950, così come è chiara la certezza del credito, determinato sia in forza del contratto di finanziamento che mediante la comunicazione preliminare da parte dell’ente pensionistico in merito alla quota di pensione cedibile, dall’altro lato è necessario porsi la domanda sulla avvenuta maturazione ed esigibilità del credito.

Ovvero: è effettivamente maturato il credito, e quindi esigibile ai fini dell’ammissione della posizione del cessionario nello stato passivo della procedura concorsuale o è da intendersi come credito futuro poiché “a formazione progressiva” e dunque non ancora esigibile?

Tale domanda assume importanti rilievi ai fini del riconoscimento della pienezza del credito del cessionario in sede di procedura di ammissione allo stato passivo concorsuale e, soprattutto, ai fini del riconoscimento della natura privilegiata o meno del credito, trattandosi comunque di credito derivante da trattamento pensionistico.

Tema questo, che si focalizza sul momento in cui effettivamente il cedente matura il diritto al percepimento della singola quota mensile della pensione, più che sulla previsione in sé – al momento del perfezionamento dell’operazione di cessione  – di detto percepimento.

La questione è dibattuta.

  • Considerazioni finali

Gli intermediari finanziari e bancari, nella gestione delle operazioni e delle procedure di recupero dei crediti nell’ambito dei finanziamenti contro cessione del quinto della pensione, dovranno quindi considerare una molteplicità di aspetti.

Lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli in varie occasioni ha affiancato gli operatori del settore in tale analisi e assistenza, tenendo sempre monitorato lo sviluppo degli orientamenti giurisprudenziali in materia.

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E-commerce = sicurezza Informatica, conformità GDPR ed etica del web

Nell’era digitale in cui viviamo, la gestione della sicurezza informatica, la conformità al GDPR e l’etica web sono elementi importanti per qualsiasi sito internet, ma se parliamo di offerta di prodotti e servizi diventano milestones.

Nel nostro studio assistiamo da anni aziende e professionisti che si approcciano all’e-commerce accompagnandoli in un percorso virtuoso verso la massima sicurezza dei dati, il rispetto della normativa sulla protezione dei dati e l’offerta di un’esperienza utente eticamente corretta, evitando l’utilizzo di dark patterns.

Sicurezza Informatica: La priorità assoluta

La sicurezza informatica è un pilastro fondamentale per proteggere il sito web, i dati personali e la reputazione del business. La progettazione del sito web per l’attività di e-commerce deve necessariamente fare i conti con una blindatura del sistema informatico sotteso alla piattaforma, front end incluso, attraverso alcuni fondamentali steps:

  • Studio del contesto: esame del progetto di vendita, studio del mercato e dei rischi attinenti noti nel mercato di riferimento.
  • Selezione di asset e fornitori di comprovata affidabilità.
  • Analisi funzionale del ciclo di offerta e delle vulnerabilità: valutazione approfondita per individuare possibili falle di sicurezza e i punti deboli del sito.
  • Pianificazione della sicurezza: creazione di strategie personalizzate per proteggere il sito da minacce online, dagli errori umani, dal rischio della supply chain.
  • Risposta agli incidenti: preparazione e assistenza in caso di violazioni dei dati o attacchi informatici.
  • Recovery: progettazione di un sistema di recupero rapido ed efficace del sito e dei suo contenuti in caso di incidente
  • Formazione per il personale: educazione e cultura alla sicurezza per garantire che tutti i membri del team siano a conoscenza delle best practices in materia di sicurezza informatica e restino sensibili ad ogni segnale di anomalia.

Conformità GDPR: proteggere i dati e rispettare la normativa è un obbligo ma anche un bel biglietto da visita!

Il GDPR è un obbligo legale che riguarda qualsiasi sito web che raccoglie, elabora o conserva dati personali dei cittadini europei. La non conformità, oltre ad esporre a pesanti sanzioni da parte delle autorità di controllo denota un atteggiamento di trascuratezza e mancanza di rispetto dei diritti degli utenti.

Il giusto approccio alla compliance passa attraverso:

  • Analisi del rischio specifico ed eventuale valutazione di impatto: quale che sia il metodo utilizzato, norme ISO, metodo ENISA o altro, il rischio connesso ai trattamenti effettuati dal sito internet è la base per l’adozione delle misure tecniche e organizzative adeguate.
  • Una valutazione della conformità: identificazione delle aree in cui il sito potrebbe non essere in linea con le disposizioni del GDPR e pianificazione delle attività da compiersi, anche sulla base degli sviluppi evolutivi del sito.
  • La documentazione legale: redazione delle informative sulla privacy, della privacy policy e degli accordi con i responsabili del trattamento.
  • La gestione dei cookies: individuazione e categorizzazione dei cookies, redazione della policy nel rispetto anche delle linee guida dell’Autorità di controllo.
  • Gestione dei consensi: corretta raccolta dei consensi degli interessati per le attività di marketing e profilazione e gestione della loro valida archiviazione o revoca.
  • Gestione delle violazioni: inclusione del sito nel perimetro dell’incident response report.

Etica Web: Addio ai Dark Patterns

L’attività di vendita on-line però non richiede “solo” il rispetto della legge, presuppone, ad avviso del nostro studio una progettazione etica quale requisito imprescindibile per costruire un rapporto di fiducia con gli utenti. I dark patterns, pratiche ingannevoli che influenzano negativamente l’esperienza dell’utente, danneggiano la reputazione del sito. Il supporto fornito dal nostro studio agli operatori promuove l’etica web nel tentativo di avere un approccio corretto, trasparente e rispettoso verso gli utenti che costituiscono il motore e il bene più prezioso del business on-line.

Dei dark patterns abbiamo già avuto modo di occuparci in precedenza, ma vale la pena ricordare che l’indirizzo tracciato dal legislatore europeo con il regolamento del 2022 è di netta denuncia di questi “sotterfugi” e il loro utilizzo non passa inosservato né agli utenti, né alle associazioni dei consumatori e tanto meno alle varie autorità di controllo, dal Garante per la protezione dei dati all’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato).

In conclusione, la sicurezza informatica, la conformità GDPR e l’etica web sono i pilastri fondamentali sui quali si basa il successo di un sito web. Crediamo che la fiducia degli utenti sia il capitale più prezioso online, e seguire le best practices in sicurezza, compliance normativa ed etica sia il modo migliore per costruirla e preservarla.

Privacy dei minori e intelligenza artificiale

Oramai non si fa altro che parlare di intelligenza artificiale e di come un utilizzo consapevole di tale strumento possa migliorare e far progredire la nostra società, completamente proiettata verso un futuro sempre più digitalizzato.

Di recente gli esperti del settore hanno iniziato ad interrogarsi su come l’intelligenza artificiale debba essere disciplinata rispetto alla normativa privacy e alla tutela dei dati personali che inevitabilmente vengono trattati durante il suo utilizzo, soprattutto quando l’uso delle applicazioni ad essa connessa venga sfruttata da soggetti minori che non avrebbero la capacità giuridica (o limitata capacità) di farne uso in base alla legge nazionale e a quella europea.

Vediamo il perché.

Il contesto normativo

Quando si parla di minori è necessario partire dalla definizione contenuta nell’art. 2 del codice civile relativa alla cosiddetta capacità di agire, ovvero l’idoneità di un soggetto di porre in essere atti negoziali che producono effetti nella propria sfera giuridica e che si acquista con la maggiore età; il minore con età compresa tra 14 e 18 anni ha una capacità giuridica attenuata, mentre il minore di 14 anni non ha alcuna capacità giuridica.

In materia di data protection, la prima parte del Considerando (38) del Regolamento europeo 2016/679 (GDPR) precisa che “i minori meritano una specifica protezione relativamente ai loro dati personali, in quanto possono essere meno consapevoli dei rischi, delle conseguenze e delle misure di salvaguardia interessate nonché dei loro diritti in relazione al trattamento dei dati personali.”

L’art. 8 GDPR contiene, infatti, specifici requisiti relativi al consenso dei minori rispetto al trattamento dei loro dati personali. Senza parlare di vera e propria capacità di agire, il Regolamento ha previsto che, nel caso in cui vi sia un’offerta diretta di servizi della società dell’informazione a soggetti minori, il trattamento dei dati è lecito, previo loro consenso, se questi hanno almeno 16 anni. In caso contrario sarà necessario che il consenso venga prestato o autorizzato dal titolare la responsabilità genitoriale (comma 1).

Allo stato attuale, come è facilmente intuibile, non è previsto un metodo univoco per verificare il consenso del minore, senza rischiare, da un lato, di introdurre sistemi di verifica eccessivamente burocratici, dall’altro, viceversa, aumentando il rischio di falsificazioni da parte dei minori stessi.

L’intervento dell’autorità di controllo italiana

Ed è proprio in un contesto come questo, di continua ascesa dell’era digitale, che il Garante della privacy ha concentrato maggiormente i suoi interventi. Nel 2022 l’Autorità di controllo italiana ha infatti emesso più di 400 provvedimenti collegiali, anche in considerazione del fatto che il  sistema socio-economico italiano è sempre più fondato sul trattamento dei dati personali e come tale necessita di essere adeguatamente guidato, istruito e alle volte addirittura sanzionato.

Da ciò deriva una maggiore attenzione da parte del Garante, anche e soprattutto, per la tutela dei minori che entrano a contatto con le grandi piattaforme, con le applicazioni che utilizzano l’intelligenza artificiale generativa, come ad esempio ChatGPT  (la famosa chatbot creata dalla società statunitense OpenAI), con il metaverso e le relative problematiche connesse allo sviluppo degli algoritmi.

Intelligenza artificiale e tutela dei minori: parla il Garante

Particolarmente significativi sono stati gli interventi del Garante sugli applicativi che utilizzano l’intelligenza artificiale: il più noto (provvedimento n. 112 del 30.03.2023) che ha portato alla sospensione provvisoria di ChatGPT di proprietà della software house americana Open AI, ha però permesso di indirizzarne lo sviluppo in una direzione più compatibile con la tutela dei diritti fondamentali delle persone, specialmente se minori.

Con il provvedimento cautelare d’urgenza, il Garante privacy ha evidenziato, per quanto qui di interesse, che:

  • il servizio di ChatGPT (secondo quanto indicato dagli stessi termini di servizio pubblicati sul sito della società sviluppatrice) è riservato esclusivamente alle persone che abbiano compiuto almeno 13 anni, ma manca qualunque sistema che permetta al titolare del trattamento di verificare l’effettiva età degli utenti;
  • l’assenza di tali strumenti di verifica dell’età effettiva degli utenti espone i soggetti minori di anni 13 al rischio di ricevere risposte dall’intelligenza artificiale dell’applicazione che siano del tutto inidonee rispetto al grado di sviluppo e alla autoconsapevolezza di detti soggetti.

Di risposta, OpenAI si è dimostrata da subito sensibile al rispetto della normativa in materia di data protection, anche rispetto a quella garantita ai soggetti minori. Nei mesi a seguire ha infatti implementato il sistema di verifica dell’età dell’utente al momento di accesso alla piattaforma online di ChatGPT sino ad introdurre un vero e proprio sistema di age verification.

All’atto della registrazione dell’utente, la piattaforma ha quindi inserito la richiesta della data di nascita prevedendo un blocco alla registrazione per gli utenti minori di 13 anni e prevedendo, in caso di utenti maggiori di tredici anni, ma sempre minorenni, che debbano confermare di avere il consenso dei genitori all’uso del servizio.

Considerazioni finali

Recentemente, il Governo ha emanato il D.L. Caivano n. 123 del 15.09.2023 recante “Misure urgenti di contrasto al disagio giovanile, alla povertà educativa e alla criminalità minorile, nonché per la sicurezza dei minori in ambito digitale”, introducendo una serie di norme in materia di parental control (artt. da 13 a 15 del decreto legge).

In particolare, il controllo parentale prevede la possibilità di limitare e controllare, da parte dei genitori o di coloro che esercitano la responsabilità genitoriale, l’accesso ai contenuti e/o alla rete da parte dei minori, mediante la scelta degli spazi digitali e dei tempi di utilizzo.

L’intento del legislatore, di pari passo con l’autorità garante della privacy, sembrerebbe proprio quello di costruire un articolato sistema di protezione che tenga in seria considerazione anche  le categorie deboli di soggetti, come i minori, che potrebbero essere più facilmente colpite dal mondo digitale se non adeguatamente tutelate.

Le forme di credito per le PMI

PMI e credito, due mondi separati?

La grandissima maggioranza delle nostre piccole e medie imprese hanno a che fare quotidianamente con le banche. Ma quanto realmente le PMI conoscono il mondo bancario e i prodotti di credito che questo può mettere loro a disposizione?

Non crediamo che si possa fornire risposta certa e univoca a questa domanda, ma la nostra esperienza ci suggerisce che in molti casi la comprensione delle banche da parte delle PMI sia soltanto parziale.

Questo breve articolo non può ovviamente essere la sede per un’analisi completa e dettagliata di tutti i prodotti di credito disponibili per le PMI, anche perché questi, soprattutto negli ultimi decenni, hanno subito una discreta evoluzione proprio per essere al passo con le esigenze di finanziamento delle imprese.

Per questi motivi forniremo alcune brevi sintesi descrittive di alcune forme di credito nella negoziazione delle quali le imprese nostre clienti ci hanno più spesso coinvolto:

  1. apertura di credito in conto corrente
  2. leasing
  3. anticipo su fatture
  4. finanziamento su base project

1. Apertura di credito in conto corrente, forse la forma più comune di credito alle PMI

L’apertura di credito in conto corrente, anche nota come apertura di un fido o scoperto di conto, è fra le forme di credito più comuni e utilizzate dalle imprese. Lo scopo dell’apertura di credito in conto corrente è quella di fornire momentanea liquidità: consente di utilizzare il conto corrente anche oltre le disponibilità su esso presenti, per un importo massimo determinato in contratto (il limite di utilizzo) e per un periodo di tempo determinato o indeterminato.

Il ripristino delle somme utilizzate mediante successivi versamenti sul conto consente di ripristinare in tutto o in parte il fido e poterne così fare ancora uso.

La concessione e l’utilizzo del fido sono normalmente sottoposti al pagamento di una commissione e di un tasso di interesse sulle somme utilizzate.

2. Leasing o locazione finanziaria, altra forma di credito molto usata della PMI

Nell sua forma più classica della locazione finanziaria, il leasing consente di acquistare mediante finanziamento la facoltà di utilizzare per finalità aziendali beni mobili o immobili.

In altri termini, il soggetto finanziatore acquista un bene mobile o immobile da un fornitore scelto e indicato dal soggetto finanziato e lo concede in uso a quest’ultimo in cambio del pagamento di una somma periodica, detta canone. Usualmente, al termine della locazione, l’impresa utilizzatrice ha facoltà di riscattare la proprietà del bene pagando un prezzo.

La misura del canone, quindi, è commisurata all’esborso richiesto per l’acquisto del bene e al tasso di interesse applicato sull’operazione del finanziatore.

E’ interessante notare il fornitore del bene e locatore (impresa finanziata) possono coincidere: si tratta del cosiddetto lease-back.

3. Anticipo su fatture per le PMI, ulteriore forma di credito per le PMI

Un altro strumento per ottenere liquidità a breve termine è l’anticipo, o sconto, fatture. Mediante questa forma di credito, la PMI presenta in banca le fatture emesse e non ancora scadute e ottiene dalla banca l’anticipo dell’importo dovuto dal destinatario della fattura, detratta una somma a titolo di interesse.

Se il contratto prevede la cessione del credito sottostante alla fattura, sarà la banca a richiedere al destinatario della fattura il pagamento.

Se al contrario il contratto prevede il cosi detto mandato all’incasso, sarà l’impresa a incassare il saldo della fattura dal debitore e la banca sarà quindi autorizzata a prelevare quanto incassata dal conto a saldo dell’anticipo effettuato.

Se il debitore non dovesse pagare, l’importo anticipato sarà ovviamente addebito al cliente della banca.

4. Finanziamento su base project

Crediamo che in questa sintesi meriti un piccolo spazio anche la tipologia del finanziamento su base project, molto comune soprattutto in favore di imprese, spesso di medie dimensioni, che operano in settori specifici quali quello delle energie rinnovabili.

Il finanziamento viene erogato in questo caso sulla base dello stato di avanzamento di un progetto ed è normalmente assistito da diverse garanzie (pegni su crediti e beni mobili, ipoteche su beni immobili).

I contratti di questo tipo non sono generalmente standard nella forma, ma sono negoziati singolarmente in quanto le peculiarità del progetto finanziato non sono quasi uguali le une alle altre.

L’uso dei sistemi di intelligenza artificiale e la protezione del diritto d’autore

L’Intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando il modo in cui vengono creati, consumati e condivisi i  contenuti digitali. Tuttavia, questa evoluzione solleva rilevanti questioni di natura giuridica ed etica, in particolare per quanto riguarda il necessario bilanciamento tra l’uso dell’intelligenza artificiale e il diritto d’autore dei contenuti utilizzati per nutrire gli algoritmi e di quelli prodotti dall’algoritmo stesso o dal fruitore tramite l’algoritmo.

1. Breve inquadramento

L’intelligenza artificiale (IA), il cui primo regolamento è stata approvato in giugno  da parte del Parlamento UE,  è generalmente intesa come l’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività.

Come noto, tra gli usi diffusi di questa tecnologia ci sono il riconoscimento di immagini, la traduzione automatica, la composizione musicale, la creazione di testi, calcoli, video, voci etc.

Questi sistemi utilizzano algoritmi, informazioni e dati per generare contenuti “originali”, ma ciò solleva due sostanziali domande: come sono tutelati gli autori dei contenuti utilizzati per nutrire il sistema di intelligenza artificiale? chi detiene i diritti d’autore su questi contenuti generati dall’IA?

Per questi temi, da qualche tempo, alcuni clienti si rivolgono al nostro team.

2. Creazione di contenuti da parte dell’IA

Un sistema di IA è in grado di generare una serie di contenuti, testi narrativi, disegni, composizioni musicali. Tuttavia, la legge sul diritto d’autore tradizionalmente assegna la titolarità del diritto d’autore relativo alle opere realizzate ad autori persone fisiche. Questo solleva una serie di questioni giuridiche di complessa soluzione.

2.1. IA Autore o macchina?

Uno dei principali dibattiti in ambito giuridico è se considerare l’IA un creatore “autonomo” dei contenuti o uno strumento (macchina) utilizzato dagli esseri umani per esprimere la propria creatività e realizzare opere degne di tutela.

2.2. Ruolo dell’uomo nell’addestramento dell’IA e uso dei data set

Molti sistemi di IA sono addestrati su enormi data set di opere protette da copyright. In questo processo, gli sviluppatori forniscono il materiale di addestramento attingendo o creando data set e l’IA sviluppa la sua capacità creativa. Ciò solleva la questione di chi debba essere considerato il vero creatore: l’umano che ha fornito il materiale o l’IA che ha prodotto l’opera finale? E ancora, chi garantisce che i data set non violino diritti di terze parti?

Esistono studi in rete che mettono in discussione anche legittimità dei modelli open source realizzati da noti provider USA e, a riprova di questo, arrivano da oltreoceano notizie di class actions intentate da alcuni autori.

2.3. Il possibile Opt-out degli autori

Ed è notizia degli ultimi giorni che il primo operatore di intelligenza artificiale generativa abbia messo a disposizione degli autori un form on-line per effettuare l’opt-out delle proprie opere dai data set utilizzati per addestrare il sistema. Non sono ancora noti dati rispetti all’efficacia di tale strumento, tuttavia, l’opt-out presuppone in ogni caso un precedente utilizzo non autorizzato dall’autore, circostanza che non previene né l’utilizzo illecito né la potenziale responsabilità e conseguente risarcimento del danno.

Ammesso che questo sistema possa divenire uno strumento di tutela utile da parte degli autori, dovrebbe per logica poter essere utilizzato da tutti i potenziali autori di un contenuto immesso sul web e utilizzato per addestrare l’intelligenza artificiale, incluse le piattaforme social popolate di un volume enorme di contenuti e informazioni personali e per i quali è già prevista una cessione dei diritti da parte degli utenti iscritti.

2.4. Diritto d’autore e creatività artificiale

Attualmente, il diritto d’autore protegge le opere creative umane per un lungo periodo di tempo (in Italia fino a 70 anni dopo la morte dell’autore). Dovremmo estendere queste protezioni alle opere generate artificialmente dall’IA? E, in caso affermativo, per quanto tempo dovrebbero durare questi diritti e a chi spetterebbero?

3. Il quadro normativo attuale

Attualmente, le normative  in molte giurisdizioni non affrontano direttamente la questione dell’intelligenza artificiale e diritto d’autore, non riconoscendo l’IA come possibile creatore. Tuttavia, esistono alcune leggi e regolamenti che possono essere applicati a questa situazione. Il Parlamento Ue nel 2019 ha approvato una Risoluzione sui diritti di proprietà intellettuale per lo sviluppo di tecnologie di intelligenza artificiale [P9_TA(2020)0277] con cui ha evidenziato la necessità di procedere ad una regolamentazione su base comunitaria, che possa superare la frammentazione legislativa dei singoli stati e giungere a distinguere tra le creazioni umane, ottenute con l’ausilio dell’IA, e quelle generate autonomamente dall’IA e regolare paternità e remunerazione.

3.1. L’Uso delle opere protette da copyright per l’addestramento dell’IA

L’addestramento degli algoritmi di IA utilizzando opere protette da copyright solleva da più parti preoccupazioni sulla possibile violazione dei diritti d’autore. Tuttavia, in alcune giurisdizioni, come gli Stati Uniti, esiste il concetto di “fair use” (uso equo) che potrebbe teoricamente consentire l’uso di tali opere a fini di addestramento, a condizione che sia rispettato un equilibrio tra gli interessi delle parti coinvolte (Sec.107 Copyright Act).

3.2. Protezione dei Dati dell’Utente

Nel contesto dell’IA, non dobbiamo neanche dimenticare che spesso vengono utilizzati anche dati personali per addestrare gli algoritmi. Le leggi sulla protezione dei dati personali, con particolare riferimento al GDPR in UE, possono limitare il modo il cui questi dati possono essere utilizzati e trattati. E’ di fondamentale importanza che le aziende che operano in questo settore, startup e società di grandi dimensioni, tengano nella dovuta considerazione gli obblighi nascenti dalla protezione dei dati personali, adottando un approccio basato sul rischio e sulla trasparenza.

3.3. Accordi di Licenza

Molti autori e aziende stipulano contratti e accordi di licenza che regolamentano l’uso dell’IA nella creazione di contenuti. Questi accordi possono definire chi detiene i diritti d’autore e come saranno distribuiti i proventi generati dalla vendita o dalla condivisione dei contenuti creati dall’IA. Tenendo in considerazione l’origine dei data set, è prevedibile che tali accordi siano stipulati anche con le GAFAM, che a loro volta introdurranno nelle condizioni generali d’uso licenze “gratuite” da parte degli utenti.

4. Soluzioni proposte per contemperare intelligenza artificiale e diritto d’autore

Di fronte a questa complessa situazione e alle questioni giuridiche e etiche scatenate dall’uso dell’IA, si sono velocemente formate alcune fazioni di giuristi, esperti e filosofi che hanno prospettato differenti scenari.

4.1. Riconoscimento dell’IA come creatore

Alcuni sostenitori dell’IA hanno proposto di riconoscere legalmente l’IA come un creatore autonomo, con diritti d’autore associati alle opere da essa generate. Questa posizione osteggiata da accademici e riviste scientifiche come Science e Nature solleva la questione di come gestire i diritti d’autore e i proventi in modo equo tra l’IA e gli esseri umani coinvolti nel processo creativo.

Lo stesso ChatGTP interrogata sul tema risponde in questo modo “No, io, come un modello di linguaggio AI, non reclamo né ho diritti d’autore su nessun testo o contenuto generato da me. Sono un programma creato da OpenAI per assistere con la generazione di testo e fornire informazioni, ma non ho personalità, proprietà intellettuale o capacità di rivendicare diritti d’autore su ciò che produco. Gli utenti sono liberi di utilizzare il testo o il contenuto generato da me come ritengono opportuno, ma devono prendere in considerazione le leggi sul diritto d’autore e le normative applicabili quando si tratta di questioni di proprietà intellettuale”

4.2. Creazione di un Registro di Opere Generate dall’IA

Alcune giurisdizioni stanno anche considerando l’idea di creare un registro dedicato per le opere generate dall’IA, con l’intento di aiutare a determinare chi detiene i diritti d’autore e a semplificare le questioni connesse alla tutela legale.

4.3. Esclusione delle Opere d’Arte dall’IA

In alcuni casi e contesti, c’è chi ritiene che sarebbe ragionevole escludere le opere d’arte create da/con l’IA dalla protezione del diritto d’autore. Questo potrebbe consentire un accesso più ampio e una condivisione libera di tali opere.

5. Considerazioni finali

Intelligenza artificiale e diritto d’autore non sembrano, al momento, andare a braccetto. La protezione del diritto d’autore correlata all’uso dei sistemi di Intelligenza Artificiale è una sfida complessa e in continua evoluzione poiché la tecnologia travalica i confini, genera nuovi modelli, impone una interpretazione delle norme esistenti e una riflessione attenta e ponderata da parte dei legislatori, degli sviluppatori e degli utenti.

La mancanza di una regolamentazione costituisce spesso un disincentivo all’utilizzo di questa tecnologia e un soffocamento delle sue innovative applicazioni che, a parere di chi scrive, la moderna società non può permettersi.

L’equilibrio tra la promozione dell’innovazione e la tutela dei diritti d’autore è essenziale per garantire che l’IA continui a contribuire positivamente alla nostra società.

Immagine mikemacmarketing, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons