Disposizioni BankIt per i fornitori di servizi di crowdfunding

Il provvedimento di Banca d’Italia

Banca d’Italia ha recentemente concluso la procedura di consultazione sulla bozza di Disposizioni di attuazione dell’articolo 4-sexies.1 del TUF in materia di fornitori di servizi di crowdfunding per le imprese, pubblicando sul proprio sito gli esiti e il provvedimento in forma definitiva (link al provvedimento).

Ricordiamo che i servizi di crowdfunding dedicati alle imprese possono essere forniti, previa autorizzazione da parte dell’autorità competente, da:

  • intermediari vigilati (banche, intermediari finanziari ex art. 106 del Testo Unico Bancario, istituti di pagamento, istituti di moneta elettronica e SIM)
  • dai “fornitori specializzati di servizi di crowdfunding”

I primi sono autorizzati dalla Banca d’Italia, a eccezione delle SIM che sono autorizzate, con i secondi, dalla Consob.

Sono destinatari del provvedimento tutti i soggetti anzidetti, con le modalità indicate nel provvedimento stesso.

Comunicazioni agli organi di Vigilanza

Il primo paragrafo del provvedimento è dedicato alle comunicazioni da effettuare agli organi di vigilanza e, in particolare:

  • entro il 25 gennaio di ogni anno, gli intermediari autorizzati dalla Banca d’Italia trasmettono a quest’ultima un elenco dei progetti finanziati attraverso la propria piattaforma di crowdfunding
  • gli intermediari trasmettono, senza ritardo alla Banca d’Italia e alla Consob, le date di avvio di utilizzo dell’autorizzazione, di interruzione e di riavvio della fornitura di servizi di crowdfunding, nonché ogni modifica sostanziale delle condizioni di autorizzazione
  • entro il 30 aprile di ogni anno, i fornitori specializzati di servizi di crowdfunding inviano alla Banca d’Italia informazioni circa le variazioni intervenute rispetto agli accordi di esternalizzazione in essere

Comunicazioni relative ai partecipanti al capitale

Il secondo paragrafo del provvedimento è dedicato ai partecipanti al capitale dei fornitori specializzati di servizi di crowdfunding.

Al fine di monitorare il rispetto delle norme in tema di detenzione di partecipazioni qualificate (pari o superiore al 20%) nel capitale dei fornitori specializzati di servizi di crowdfunding, questi ultimi comunicano alla Banca d’Italia:

  • l’acquisizione o l’incremento di una partecipazione che comporti il raggiungimento o il superamento della soglia del 20% del capitale o dei diritti di voto nel fornitore di servizi di crowdfunding, o che comporti la possibilità di esercitare il controllo sul fornitore specializzato di servizi di crowdfunding
  • la riduzione della partecipazione al di sotto delle soglie di cui al punto 1).

Il termine per la comunicazione è di soli 10 giorni dal verificarsi dell’acquisizione, dell’incremento o della riduzione della partecipazione o, se successivo, dal momento in cui il fornitore di servizi di crowdfunding ne viene a conoscenza.

Comunicazioni relative agli esponenti aziendali

Il terzo e ultimo paragrafo è dedicato agli esponenti dei fornitori di servizi specializzati di servizi di crowdfunding, intesi quali tutti i soggetti persone fisiche che svolgono attività di amministrazione, controllo o direzione dell’ente.

Ebbene, al proposito la Banca d’Italia ha disposto che si applichi, per quanto compatibile, quanto disposto dalle Sezione I, Sezione II, paragrafi 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.7, 1.8, 1.9, 1.11, 2, 3, 5 e Sezione III, paragrafo 2, del Provvedimento della Banca d’Italia del 4 maggio 2021, recante “Disposizioni sulla procedura di valutazione dell’idoneità degli esponenti di banche, intermediari finanziari, istituti di moneta elettronica, istituti di pagamento e sistemi di garanzia dei depositanti” (link al provvedimento).

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Digital Markets Act: i destinatari della riforma

La riforma del mercato digitale

Il 5 luglio 2022 è stato approvato dal Parlamento europeo il Digital Markets Act (adottato con Regolamento EU 2022/1925) (DMA), il primo regolamento europeo sui mercati digitali che insieme al Digital Services Act (DSA) (Regolamento sui servizi digitali) è parte del più ampio pacchetto di riforme digitali finalizzato a rafforzare la regolamentazione delle grandi società tecnologiche.

L’obbiettivo primario del DMA è quello di promuovere la concorrenza equa e limitare le pratiche monopolistiche delle grandi piattaforme online, oltre quello di arginare il più possibile gli abusi e limitare le posizioni dominanti al fine di rafforzare la concorrenza sul mercato e dare maggiore spazio agli operatori “più piccoli”.

I destinatari della normativa

a) I gatekeepers

A seguito dell’entrata in vigore del DMA (1 novembre 2022) e del termine imposto dalla normativa europea per adeguarsi alle relative prescrizioni (entro il 6 marzo 2024), i destinatari cosiddetti gatekeepers hanno l’obbligo di rispettare precise direttive per non incorrere in pesanti sanzioni.

Per definizione, i gatekeepers sono quelle società che hanno il controllo di un determinato settore di mercato e che nel mondo digitale sono rappresentate dalle LOPsLarge Online Platforms.

Ai sensi degli artt. 2 e 3 del DMA, con il termine “gatekeeper” ci si riferisce alle imprese che forniscono un servizio di piattaforma di base tra cui:

  • motori di ricerca
  • servizi di intermediazione
  • servizi di social networking
  • piattaforme di condivisione video
  • sistemi operativi
  • servizi di comunicazione interpersonale
  • cloud computing e pubblicità.

b) I limiti dimensionali dei gatekeepers 

La normativa europea precisa quali siano le soglie dimensionali  per poter essere designati gatekeepers ai sensi del Regolamento DMA.

Innanzitutto, è necessario che le Big Tech abbiano registrato un fatturato annuo all’interno dello Spazio Economico Europeo (SEE) di almeno 7,5 miliardi di Euro (negli ultimi tre anni), o una capitalizzazione di mercato media di almeno 75 miliardi di Euro nell’ultimo anno, ma soprattutto che abbia erogato i propri servizi in almeno tre stati membri (art. 3, par. 2 lett a) Reg. DMA).

Altro requisito è la registrazione sulla piattaforma di base un numero di utenti UE attivi superiore ai 45 milioni e un numero di imprese UE attive di oltre 10.000, su base mensile (per la corretta individuazione degli utenti/imprese “attivi” al fine del calcolo dimensionale, il Regolamento stesso ha previsto un apposito allegato che individua i criteri di calcolo di questi indicatori) (art. 3, par. 2 lett. b) Reg. DMA).

Infine, la posizione sul mercato digitale deve essere “consolidata e duratura” (art. 3, par. 1 lett. c) DMA), ovvero che negli ultimi tre esercizi finanziari l’azienda abbia soddisfatto i precedenti due requisiti (mercato interno/fatturato e controllo del gateway e utenti/imprese attive su base mensile) (art. 3, par. 2 lett.c) DMA).

Le aziende potranno comunque contestare il risultato finale del calcolo adducendo eventuali circostanze eccezionali che possano giustificare l’esclusione dalla categoria suddetta.

c) Le imprese “emergenti”

La Commissione europea potrà designare come gatekeepers anche imprese cosiddette “emergenti”, ovvero che hanno tutti i requisiti per diventare un giorno dei veri e propri gatekeepers. A queste imprese verranno applicati solo una parte degli obblighi destinati ai gatekeepers “consolidati”.

Il compito della Commissione sarà quindi quello di monitorare periodicamente, e comunque ogni tre anni, lo status dei gatekeepers, con facoltà di richiedere in qualunque momento ad una Big Tech “tutte le informazioni che ritiene necessarie” in occasione di fusioni  o acquisizioni delle stesse società emergenti da parte di quelle che dominano il mercato digitale.

Scorrendo la normativa DMA si evince chiaramente che il fine dell’Unione Europea sia quello di ridurre il dominio delle grandi piattaforme digitali e promuovere un ambiente digitale più aperto, innovativo e competitivo per le imprese e i consumatori europei.

I gatekeepers secondo la Commissione UE

La Commissione Europea ha designato i primi sei gatekeepers (Meta, Amazon, Apple, Microsoft, Alphabet, ByteDance) e ha identificato i servizi di piattaforma di base (CPS, Core Platform Service) correlati:

  • 6 piattaforme di intermediazione (Amazon Marketplace, Google Maps, Google Play, Google Shopping, iOS App Store, Meta Marketplace)
  • 4 social network (Facebook, Instagram, LinkedIn, TikTok)
  • 3 servizi pubblicitari online (Amazon, Google e Meta)
  • 3 sistemi operativi più diffusi (Google Android, iOS, SO Windows PC)
  • 2 browser Web (Chrome e Safari)
  • 2 grandi servizi di comunicazione (Facebook Messenger e WhatsApp, entrambi di proprietà di Meta)
  • 1 piattaforma di condivisione video (YouTube)
  • 1 motore di ricerca (Google)

Nuovi obblighi e divieti per i gatekeepers

Ai sensi della nuova normativa in materia, i gatekeepers dovranno adempiere ad una serie di doveri e rispettare i relativi divieti.

Tra gli obblighi imposti dal Regolamento vi è quello consentire agli utenti finali di annullare l’iscrizione ai servizi principali della piattaforma con la stessa facilità con cui si abbonano.

Tra i divieti vi è invece quello di non tracciare gli utenti finali al di fuori del servizio principale della piattaforma del gatekeeper per effettuare pubblicità mirata, senza tuttavia averne ottenuto il consenso dovuto. Si tratterà principalmente di ottenere un consenso valido da parte dell’utente prima che i dati personali vengano raccolti o utilizzati tramite le piattaforme o i servizi dei gatekeepers utilizzati da terze parti.

In molti casi, a queste aziende verrà richiesto di manifestare il consenso ai gatekeepers per mantenere l’accesso alle loro piattaforme, ad esempio tramite la modalità consenso di Google (Google Consent Mode che sarà sarà oggetto di approfondimento in un separato articolo prossimo all’uscita sul nostro sito).

Ed ancora, non mostrare preferenze di posizionamento o accesso ai propri prodotti e servizi rispetto agli altri operatori del web. Semplificare il trasferimento dei dati degli utenti dalle loro piattaforme verso altri servizi.

In definitiva, l’obbiettivo ambizioso che l’Unione Europea si è prefissata con questa riforma è quello garantire una maggiore apertura delle piattaforme digitali, consentendo anche ad imprese “minori” di avere uguale accesso alla platea di utenti web e ai relativi dati prodotti sulle piattaforme, nel tentativo di circoscrivere il più possibile le fattispecie di concorrenza sleale a posizione dominante che i colossi del web hanno esercitato sino ad oggi.