Tempo di rientri e … di iniziative commerciali

Settembre è il mese dei rientri e anche di importanti iniziative commerciali da parte degli esercenti verso i consumatori.

Come possono gli operatori del commercio promotori di iniziative commerciali individuare la corretta tipologia per adeguarsi ai relativi adempimenti al fine di non incorrere in sanzioni?

Quali i criteri normativi per definire una iniziativa promozionale rispetto a un’altra?

E, infine, cosa cambia da quest’anno in riferimento alla normativa sugli sconti?

Andiamo con ordine.

1. Le manifestazioni a premio: in cosa consistono queste iniziative commerciali?

Il legislatore con il DPR 430/2001 cerca di fare ordine disciplinando, rispettivamente, la tipologia delle operazioni a premio e dei concorsi a premio nell’ambito della “macrocategoria” delle manifestazioni a premio. Vengono quindi definite:

  • operazioni a premio: quelle manifestazioni pubblicitarie che prevedono offerte di premi a tutti coloro che acquistano o vendono determinati prodotti o servizi e offrono la relativa documentazione a titolo di prova d’acquisto;
  • concorsi a premio: quelle manifestazioni pubblicitarie in cui l’attribuzione dei premi offerti non dipende dall’acquisto o dalla vendita di determinati prodotti o servizi ma dalla sorte o dalla capacità dei concorrenti di adempiere tempestivamente alle condizioni stabilite dal regolamento.

Per le operazioni a premio, quindi, l’attività promozionale è “diretta” in quanto l’acquisto o la vendita del bene o servizio promozionato è condizione essenziale. Per i concorsi a premio è “indiretta” trattandosi comunque di una tipologia di iniziativa finalizzata a favorire la conoscenza di un determinato marchio.

L’adesione all’una o all’altra tipologia implica, a carico degli operatori promotori dell’iniziativa una serie di specifici adempimenti previsti dallo stesso DPR 430/2001, accomunati da:

– predisposizione del regolamento dell’iniziativa;

– versamento della cauzione a garanzia dei premi in palio;

– comunicazione al Ministero delle Imprese e del Made in Italy del verbale di chiusura dell’iniziativa;

– specifici obblighi in materia di trasparenza nelle comunicazioni pubblicitarie e commerciali.

Però, non tutte le manifestazioni pubblicitarie che offrono al cliente un plus in occasione di un acquisto, o con cui vengono comunque attribuiti premi, rientrano nell’ambito delle manifestazioni a premio.

Infatti, il DPR 430/2001 – con gli attuali chiarimenti del Ministero delle Imprese e del Made in Italy – fornisce delimitazioni in merito all’ambito di applicazione e prevede alcune esclusioni, chiarendo prima di tutto che cosa si debba intendere per “premio” ai fini della relativa applicazione.

Si parla infatti di “premio” qualora siano messi in palio beni, servizi, sconti di prezzo e titoli di legittimazione (documenti che consentono all’avente diritto di usufruire della prestazione connessa), suscettibili di valutazione economica – assoggettati a regime IVA o alla relativa imposta sostitutiva – ad esclusione del denaro e titoli a questo assimilabili

Quando non si parla di “manifestazioni a premio”? 

Il DPR 430/2001 (art. 6) esclude, tra le varie ipotesi, dall’applicazione normativa quelle iniziative in cui l’offerta di premi sia costituita da:

  • sconti sul prezzo dei prodotti e dei servizi dello stesso genere di quelli acquistati dal consumatore;
  • offerta di quantità aggiuntive di prodotti dello stesso genere;
  • sconti su prodotti o servizi di genere diverso rispetto a quello acquistato, a condizione che gli sconti non siano finalizzati a promozionare il bene o servizio acquistato;
  • offerta di oggetti di minimo valore la cui corresponsione non dipenda dall’entità delle vendite cui è collegata l’offerta;
  • offerta di buoni da utilizzare su una spesa successiva presso il medesimo esercente;
  • premi destinati a favore di enti o istituzioni pubbliche o aventi finalità sociali o benefiche.

Tre, dunque, gli elementi che fanno la differenza nello stabilire se l’iniziativa commerciale consista in una manifestazione a premi – nello specifico in un’operazione a premi, rimanendo nell’ambito delle iniziative collegate alle vendite di determinati prodotti o servizi – o meno:

  1. il genere dei prodotti o servizi oggetto di sconto o della quantità aggiuntiva offerta;
  2. l’intenzione e le finalità del promotore;
  3. il valore dei beni offerti e la loro connessione o meno con l’entità dell’acquisto.

Chiaramente l’operatore esercente e promotore dell’iniziativa dovrà avere ben chiaro l’oggetto della promozione stessa, e, soprattutto del vantaggio che intende offrire al beneficiario a fronte degli acquisti. In merito a questi aspetti lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli ha affiancato in più occasioni vari operatori al fine di coadiuvarli nella identificazione degli elementi essenziali dell’iniziativa e nell’individuazione della relativa tipologia.

Infatti, nel caso in cui non sussistano le esclusioni previste dal DPR 430/2001, l’operatore dovrà attentamente:

  • adeguarsi agli oneri e adempimenti previsti dalla normativa stessa;
  • non porre in essere manifestazioni vietate ai sensi del DPR 430/2001 (art.  8).

Il tutto al fine di non incorrere in sanzioni, consistenti, di base, in importi compresi tra una a tre volte l’ammontare dell’IVA dovuta sul montepremi (per un importo non inferiore a 2.582,28 euro).

2. Un’altra tipologia di iniziativa commerciale: la vendita abbinata

Tra le tipologie di iniziative, collegate alle vendite, che non rientrano nella “macrocategoria” delle manifestazioni a premi e, nello specifico, nell’ambito delle operazioni a premi, ne troviamo una molto in uso: la vendita abbinata, ovvero la vendita congiunta di due o più prodotti o servizi, anche di genere diverso, a condizioni vantaggiose.

Iniziativa, questa, che ad oggi è da intendersi come attività promozionale libera, a patto però che non rientri nell’ambito di quelle già specificatamente regolamentate.

Come chiarito dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy (nel riscontro alle domande frequenti – FAQ aggiornate al gennaio 2023) la vendita abbinata non rientrerebbe nell’ambito delle operazioni a premio qualora l’iniziativa, promossa da un’impresa che vende prodotti di vario genere, non dia risalto ad un prodotto rispetto all’altro. Perché l’iniziativa sia regolare in tali termini, il Ministero raccomanda agli operatori di indicare chiaramente lo sconto applicato su ogni prodotto, precisando inoltre che l’acquisto singolo di uno solo dei prodotti avverrebbe a prezzo pieno, e che nelle comunicazioni pubblicitarie non vi sia il riferimento a termini che possano essere fuorvianti per il consumatore (sul punto si veda la Risoluzione n. 376704 del 30.11.2016).

In merito alla regolare determinazione delle percentuali di sconto, inoltre, al fine di non configurare l’iniziativa in esame quale “vendita sottocosto” (soggetta agli oneri previsti dal DPR 218/2001), la stessa Risoluzione del 30.11.2016 ne stabilisce i criteri, il cui esame spetta, prima di mettere in atto l’iniziativa, alle competenti aree dell’impresa interessata.

3. Gli sconti: iniziativa commerciale con nuovi obblighi di trasparenza

Infine, tra le varie promozioni – ulteriori rispetto a quelle sopra esaminate – possiamo semplicemente trovare l’offerta di un determinato prodotto a prezzo vantaggioso rispetto a quello originario di acquisto.

Si tratta della vendita a prezzi scontati.

Tralasciando in questa sede la disciplina sulle c.d. “vendite straordinarie” (vendite di fine stagione, vendite di liquidazione e vendite promozionali per un periodo di tempo limitato, la cui regolamentazione è affidata al D. Lgs. 114/1998 e alla competenza delle Regioni), il nuovo art. 17 bis del Codice del Consumo (D. Lgs. n. 206 del 06.09.2005), come introdotto dal D. Lgs. n. 26 del 07.03.2023, di recente applicazione (dal 1° luglio 2023), ha stabilito maggiori e più stringenti obblighi di trasparenza verso i consumatori in merito agli annunci di riduzione di prezzo.

L’obiettivo del legislatore è quello di garantire al consumatore ogni strumento per la valutazione sulla effettiva convenienza o meno dell’acquisto.

Viene infatti imposto all’esercente, nell’ambito della vendita di prodotti a prezzi ridotti, di:

  • indicare, per ogni annuncio di riduzione di prezzo, il prezzo precedente applicato (nei trenta giorni prima dell’applicazione della riduzione);
  • indicare, per i prodotti immessi sul mercato da meno di trenta giorni, il periodo di tempo a cui il prezzo precedente fa riferimento;
  • indicare, nel caso in cui la riduzione di prezzo sia progressivamente aumentata nel corso della medesima campagna promozionale, il prezzo originario di partenza della campagna.

Le sanzioni per chi non si adegua, si aggirano a un massimo di poco inferiore a 4.000 euro.

Va tenuto conto, inoltre, che gli annunci di riduzione di prezzo assumono rilevanza anche sotto il profilo della scorrettezza delle pratiche commerciali (secondo quanto previsto dal Codice del Consumo).

Considerazioni finali

In conclusione, gli operatori esercenti hanno a disposizione molteplici tipologie di iniziative promozionali. Tutto sta quindi nel definire il perimetro di attività, ovvero: la finalità dell’impresa; l’oggetto della promozione; l’oggetto del vantaggio che si intende offrire al consumatore, al fine di individuare la corretta operatività e ogni adeguamento in compliance con una normativa che è in continua evoluzione.

Lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli affianca le imprese nell’assistenza alla definizione e alla scelta dell’iniziativa promozionale a loro più adatta, nonché al relativo adeguamento in termini di compliance.

Assemblee societarie a distanza post COVID

Cosa succede alla modalità “emergenziale” di tenuta solo a distanza delle assemblee societarie ora che la normativa COVID non è più in vigore?

Premessa

Il 31 luglio 2023 è cessata definitivamente la normativa emergenziale introdotta con il D.L. 18/2020 (Decreto Cura Italia), convertito in Legge 27/2020 e da ultimo prorogata con il D.L. 198/2022 (Decreto Milleproroghe 2023), grazie alla quale è stato possibile approfittare delle modalità “emergenziali” di svolgimento delle assemblee societarie.

La normativa transitoria ha permesso, in deroga alle previsioni contenute nel codice civile, che le assemblee societarie potessero tenersi esclusivamente in audio/video conferenza anche nei casi in cui tale possibilità non era contemplata dal relativo statuto societario e “senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente, il segretario o il notaio” (art. 106 D.L. 18/2020).

A distanza di tre anni ci si è domandati spesso, soprattutto a ridosso dell’imminente scadenza fissata per il 31 luglio 2023, se la cessazione della normativa emergenziale avrebbe semplicemente determinato la ri applicazione automatica del codice civile, oppure se i benefici che la normativa COVID ha inevitabilmente portato con sé (anche in termini economici e di tempo), gli avrebbe garantito la sopravvivenza.

L’evoluzione interpretativa del Notariato

Prima dell’emergenza COVID, l’art. 2370, comma 4 c.c. prevedeva già la possibilità per i soci di partecipare alle assemblee delle società per azioni in audio o videoconferenza in presenza di una clausola statutaria ad hoc.

Nel 2017 Il Comitato Interregionale dei Consigli Notarili del Triveneto, con l’orientamento H.B.39, aveva affermato che i soci sarebbero potuti intervenire all’assemblea mediante mezzi di telecomunicazione anche in assenza di una previsione statutaria, a condizione che fossero in concreto rispettati i principi del metodo collegiale e che i mezzi di telecomunicazione da adoperare fossero previsti nell’avviso di convocazione, in modo tale che fosse assicurato il rispetto del principio di parità di trattamento dei soci.

La Commissione del Consiglio Notarile di Milano, con la Massima 187 dell’11 marzo 2020 – precedente e indipendente dalla disciplina emergenziale – ha stabilito inoltre che, ove sia prevista la possibilità di intervenire in assemblea mediante mezzi di telecomunicazione, tale modalità di partecipazione possa riguardare la totalità dei partecipanti alla riunione e, dunque, anche il presidente dell’assemblea. Nel luogo indicato nell’avviso di convocazione doveva comunque essere presente il segretario verbalizzante o il notaio ed eventualmente i soggetti incaricati dell’accertamento dei presenti (ove tale incarico non fosse stato affidato al segretario verbalizzante o al notaio).

L’orientamento suddetto ha fatto un passo ulteriore rispetto all’orientamento precedente del Notariato, affermando la possibilità di utilizzo di tali mezzi anche in assenza di una clausola statutaria, ma solo ove “ammesso dalla vigente disciplina”, anticipando così le previsioni contenute nel D.L. 18/2020.

Lo studio n.41/2023-1

Con il recente studio n.41/2023-I approvato il 21 luglio 2023, il Consiglio Nazionale del Notariato torna sull’argomento, aggiungendo un ulteriore tassello alla vexata quaestio delle assemblee societarie in modalità audio/videoconferenza, soprattutto in vista della imminente disapplicazione della normativa COVID che ne aveva legittimato un uso indiscriminato.

Il ragionamento del Consiglio parte dall’imprescindibile rispetto della previsione civilistica contenuta nell’art. 2370, comma 4, smentendo e superando definitivamente il precedente orientamento del Comitato Interregionale del Triveneto, secondo il quale non era necessaria alcuna previsione statutaria che legittimasse la tenuta delle assemblee societarie a distanza.

A detta del Notariato, la norma in statuto può essere tanto generica, quanto descrivere in maniera dettagliata le modalità di tenuta telematica delle assemblee, così come vietarle in tutto o in parte (in questo ultimo caso escludendo completamente la possibilità di convocazione della riunione mediante sistemi a distanza).

In merito al “luogo” dove l’assemblea debba essere tenuta, il Notariato supera addirittura il termine propriamente “territoriale” di cui agli artt. 2363, comma 1 c.c. e 2366, comma 1 c.c., precisando che lo stesso vada inteso come contesto nel quale si realizza l’assemblea, ovvero quell’insieme di regole e procedimenti riferiti alla riunione e non al solo luogo “fisico” dove la stessa debba tenersi.

Secondo il Notariato, quindi, non sussistono impedimenti di natura oggettiva o soggettiva al fatto che la modalità telematica sia considerata come unica modalità di intervento alla riunione, potendo rappresentare anzi un valido strumento di più facile e immediata partecipazione da parte dei membri chiamati a prenderne parte, sempre che tale partecipazione sia agevole ed efficace.

Riflessioni conclusive

Dopo un lungo periodo caratterizzato da incertezza e normativa temporanea, in parte causata dall’emergenza pandemica, il recente contributo del Consiglio Nazionale del Notariato ha aiutato a cristallizzare un’abitudine oramai invalsa nel mondo societario, elevandola a prassi, con la precisazione però che la modalità a distanza di tenuta dell’assemblea societaria debba essere espressamente richiamata da una norma contenuta in ciascun statuto sociale.

Facebook e la responsabilità degli Internet Service Provider per diffamazione: la sentenza Facebook Ireland Limited/Sanitech

Con sentenza del 15 febbraio 2023 n. 1208 il Tribunale di Milano ha stabilito la responsabilità di Facebook quale internet service provider e condannato la stessa al risarcimento dei danni patiti dalla società Snaitech S.p.A, insieme ai dottori GI. de SI. e AL. AM., per la mancata rimozione di post diffamatori pubblicati nelle pagine «Truffa Snaitech» e «Snaitech Truffa», a nulla rilevando la limitata esposizione e visione degli stessi.Facebook piattaforma social

La responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – hosting

Il caso rientra nella fattispecie disciplinata dall’articolo 16 del Decreto legislativo n. 70/2003, emesso in recepimento della Direttiva 2000/31/CE, nota come Direttiva E-commerce. La norma stabilisce che «il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che il prestatore:

  1. non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione;
  2. non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso.»

Per comprendere il motivo sotteso alla riconosciuta responsabilità di Facebook quale internet service provider, questa disposizione deve essere interpretata alla luce dell’orientamento della Suprema Corte italiana (nelle sentenze gemelle n. 77087709, del 9 marzo 2019), ed europea (Sentenza della Grande Sezione del 22 giugno 2021, cause riunite C-682/18 e C-683/18). In tali pronunce l’hosting provider non è tenuto a effettuare un controllo diffuso dei contenuti sulle piattaforme di propria competenza, ad esclusione -fino a che non ne venga a conoscenza- della ricerca attiva di attività illecite.

Condotta commissiva mediante omissione

A prescindere dalla differenza in termini di definizione e relativa responsabilità tra l’Internet Service Provider (ISP) attivo, che la Cassazione civile nella sentenza n. 7708 individua nel «prestatore dei servizi della società dell’informazione che svolge un’attività che esula da un servizio di ordine meramente tecnico, automatico e passivo» e quello passivo, il Tribunale ha riconosciuto, sul piano oggettivo, la responsabilità di Facebook quale internet service provider sulla base di quella che ha definito: «condotta commissiva mediante omissione e, quindi, di aver concorso nel comportamento lesivo altrui a consumazione permanente», per non aver cancellato i post diffamatori dei quali fosse al  corrente.

Sotto il profilo soggettivo, la conoscenza dell’attività manifestamente illecita di cui non si impedisce la realizzazione connota la fattispecie come ipotesi di responsabilità per fatto proprio colpevole e non la diversa responsabilità oggettiva o per fatto altrui.

L’onere della prova (condotta, evento, nesso causale ed elemento soggettivo), va dunque a carico dei ricorrenti.

Il Tribunale si è focalizzato sulla conoscenza dell’evento da parte di Facebook e sulla manifesta illiceità.

La conoscenza dell’evento

Con riguardo al primo aspetto, nel caso concreto, la duplice segnalazione da parte della società lesa dei comportamenti illegittimi avvenuti sulla piattaforma è risultata decisiva.

Il successivo riscontro negativo da parte di Facebook ha reso incontrovertibile la sua conoscenza dell’esistenza dei post diffamatori, così questo primo aspetto è stato dimostrato.

La manifesta illiceità

Rispetto al carattere manifestamente illecito dell’attività, sopra abbiamo chiarito come, per essere manifestamente illecita, l’attività debba essere riconoscibile dal provider «senza particolare difficoltà, con riferimento all’esperienza, conoscenze tipiche e diligenza professionale esigibili».

In questo caso, l’illiceità della condotta è stata rinvenuta nel fatto che l’autore del contributo pubblicato ha asserito, sulla base di mere convinzioni personali, una responsabilità penale della Snaitech per la commissione di svariati illeciti, e questa affermazione era senza alcun fondamento rispetto a quanto risultante negli atti giudiziari.

In questo modo si è determinata la palese lesione dell’onore e della reputazione degli interessati.

La responsabilità di Facebook quale internet service provider per la divulgazione dei nomi

L’ulteriore circostanza per cui l’autore del contributo pubblicato sulla piattaforma social, al dichiarato fine di diffondere le false informazioni, ha volontariamente divulgato nomi e cognomi dei soggetti interessati, ha escluso l’applicazione della scriminante dell’esercizio del diritto di critica (quale espressione della libertà di manifestazione del pensiero ex art 21 Cost).

Si è osservato come, altrimenti, «si attribuirebbe a ciascuno il diritto di attribuire prima, e diffondere poi, anche tramite social network, notizie in merito alla perpetrazione di reati sulla base di mere intime convinzioni. Si comprende che consentire ciò avrebbe pervasivi effetti deleteri per l’onore e la reputazione dei soggetti esposti ad aggressione mediatica, anche in ragione dell’ampia capacità diffusiva dei contenuti che ospitano le piattaforme cd. Social».

Sicché, anche in ragione della struttura tecnica e organizzativa di cui Facebook dispone, il Tribunale ha ritenuto che potesse facilmente riconoscere la natura manifestamente diffamatoria dei contenuti oggetto di rimozione e conseguentemente la responsabilità di Facebook come internet service provider nella condotta.

Sussistenza del danno non patrimoniale

In ordine alla sussistenza del danno non patrimoniale e alla pretesa di risarcimento per € 100 mila per ogni attore, inoltrata dalla Snaitech -alla luce della richiamata sentenza di Cassazione civile sez. III, 18.11.2022 n.34026- nel caso di specie, l’allegazione di circostanze di fatto e di elementi costituitivi tali da determinare una lesione della sua reputazione fossero idonei a far sorgere questa pretesa e a nulla rileva la sua qualifica di persona giuridica.

Tuttavia, il Tribunale, pur imputando a Facebook la responsabilità e riconoscendo la potenzialità diffusivo-lesiva dell’informazione permessa dalla piattaforma nonostante l’esiguità dei post e lo scarso seguito degli stessi (in relazione ai ‘mi piace’ o ‘commenti’ registrati), ha quantificato e liquidato come danno l’esiguo importo di 5000 euro per ogni ricorrente, confinando il risarcimento del danno non patrimoniale alla fascia medio-bassa delle tabelle di calcolo proprie dell’Osservatorio sulla Giustizia civile di Milano.

I CLIENTI PREDILIGONO “LEGAL ON DEMAND”

Legal On Demand: La flessibilità nella consulenza legale 

Nel mondo degli affari, la consulenza legale è spesso un elemento essenziale per garantire il successo e la conformità alle leggi. Tuttavia, l’assunzione di un team legale interno può risultare costosa e poco pratica, specialmente per le piccole e medie imprese. Ecco perché lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli presenta “Legal On Demand”, una formula innovativa che offre consulenza legale specializzata solo quando il cliente ne ha bisogno, garantendo massima flessibilità e controllo sui costi.

Cosa è Legal On Demand?

Legal On Demand è una formula innovativa offerta dallo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli che rivoluziona il modo in cui le aziende accedono alla consulenza legale. Con Legal On Demand, si può attingere alla vasta esperienza e competenza dei nostri professionisti solo quando è necessario, senza dover mantenere un team legale interno costoso.

Legal On Demand garantisce competenza e flessibilità

Una delle caratteristiche distintive di Legal On Demand è la sua flessibilità. Con questa formula, il cliente può sospendere e riattivare la consulenza legale a proprio piacimento. Questo implica che paga solo per ciò di cui ha bisogno, senza vincoli contrattuali a lungo termine. Per affrontare situazioni come riforme normative, complesse operazioni aziendali o affanni nella tua struttura interna, può contare sulla consulenza legale di cui ha bisogno attivando o sospendendo all’occorrenza.

Massima specializzazione

Lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli è noto per la sua competenza e specializzazione in una gamma settoriale di aree legali tutte focalizzate a supportare il cliente impresa. Con Legal On Demand, il cliente ha accesso a un team di professionisti altamente qualificati e specializzati che possono affrontare qualsiasi questione legale agendo come un consulente interno all’azienda.

Controllo dei costi

Con Legal On Demand, il cliente ha il controllo completo sui costi legali. Non deve preoccuparsi di stipendi, benefit o spese accessorie associate a un team legale interno; paga solo per le ore effettivamente utilizzate e l’assistenza ricevuta. Questo consente di allocare il budget in modo più efficiente e di concentrarsi sullo sviluppo del business, sapendo di avere a disposizione una consulenza legale multidisciplinare e di alta qualità ogni volta che ne ha bisogno.

Il futuro della consulenza legale

L’esperienza con i nostri clienti ci lascia pensare che la formula Legal On Demand rappresenti il futuro della consulenza legale. La sua flessibilità, specializzazione e controllo sui costi rendono questa modalità un’opzione ideale per le imprese di tutte le dimensioni, dalla start-up alla grande impresa, Legal On Demand può adattarsi alle esigenze specifiche.

Legal On Demand può migliorare la strategia legale di ogni impresa.