Con il d.lgs. 231 dell’8 giugno 2001 è stata introdotta nell’ordinamento italiano la responsabilità amministrativa degli enti collettivi per fatti di reato.
Tale istituto mira a colpire le condotte illecite, commesse all’interno di un’impresa, che non sono soltanto il frutto di un’iniziativa privata del singolo, bensì rientrano in una più ampia e diffusa politica aziendale, tanto che si parla di corporate crime.
Spinta decisiva per l’introduzione di tale forma di responsabilità è stata sicuramente una serie di fonti sovranazionali che si sono espresse in materia. Fra queste, basta pensare alle numerose direttive del Parlamento europeo e del Consiglio, e alle relative decisioni quadro al Protocollo n. 2 della Convenzione per la tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee del 1997, e alla Convenzione Ocse dello stesso anno sulla lotta alla corruzione dei funzionari pubblici stranieri nelle operazioni economiche internazionali.
Il d.lgs. 231 del 2001 ha introdotto una particolare responsabilità per gli enti, definita solo lessicalmente “amministrativa”, derivante da reato e ricollegata al fatto della commissione di un illecito penale da parte di una persona fisica, nell’interesse o a vantaggio della società. Una responsabilità, peraltro, non sostitutiva di quella della persona fisica, bensì aggiuntiva, e collegata alla commissione di determinate fattispecie di reato espressamente previste dal decreto stesso, i cosiddetti “reati-presupposto”.
Destinatari della normativa, secondo la lettera della legge, sono tutti gli enti forniti di personalità giuridica, le società e le associazioni anche prive di personalità giuridica, vale a dire a titolo esemplificativo: le società di capitali, le cooperative, le associazioni, le fondazioni e ogni altra istituzione, non finalizzata allo svolgimento di attività economica, che acquista la personalità giuridica in base al d.p.r. 10 febbraio 2001, n. 236.
Per l’ente “virtuoso” che voglia provare ad evitare di incorrere in tale responsabilità, il legislatore ha previsto un utile strumento: l’adozione dei modelli organizzativi e di gestione, che fungono sia da criterio di esclusione della punibilità, che da criterio di attenuazione delle loro eventuali conseguenze sanzionatorie. La loro predisposizione ed efficace implementazione non è per le imprese un obbligo, ma è certamente indispensabile laddove gli enti vogliano essere tutelati sotto il profilo della responsabilità ex d.lgs.. 231 nella deprecata ipotesi della commissione di un reato-presupposto al loro interno.
A vigilare sulla corretta implementazione e sull’efficacia del modello organizzativo, il d.lgs. 231 prevede l’istituzione all’interno dell’ente di un organo ad hoc. Si tratta dell’organismo di vigilanza, che deve essere dotato di tutti i poteri necessari per assicurare una efficiente vigilanza sul funzionamento ed il rispetto del modello organizzativo adottato dall’ente: esso deve verificare l’efficacia del modello ed il rispetto delle modalità e procedure previste in esso, nonché formulare proposte all’organo dirigente per eventuali aggiornamenti e adeguamenti del modello stesso.
Adottare un modello di organizzazione e gestione può a prima vista significare per l’impresa ingenti costi e lunghi e laboriosi processi di mappatura dei rischi e predisposizione di adeguate cautele, il tutto in un panorama giurisprudenziale dove i criteri di valutazione dei giudici circa l’adeguatezza di questi modelli non sono sempre chiari e ben definiti in partenza. Inoltre, dotarsi di un modello di organizzazione e gestione implica istituire un organismo di vigilanza, il che a sua volta comporta ulteriori costi, dato che tale organo deve disporre delle risorse finanziarie necessarie a svolgere i suoi compiti.
Lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli è in grado di seguire i propri clienti in tutto l’iter necessario alla adozione – o eventuale implementazione – del modello ex d.lgs.. 231 del 2001, nonché nell’assistenza alla istituzione dell’organismo di vigilanza o nella formazione obbligatoria in tale ambito. Infatti gli Avvocati dello Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli fanno parte degli organismi di vigilanza di varie società, forniscono consulenza relativamente a tale normativa, e svolgono corsi periodici di formazione su tale tematica.
Occorre infatti tenere a mente che il catalogo dei reati-presupposto, in un primo momento limitato ad illeciti tipici dell’attività economica, va via via sempre più espandendosi, ricomprendendo reati sempre diversi, la prevenzione dei quali richiede conoscenze tecniche specifiche dei più disparati campi.
Per questi motivi, lo Studio Legale Princivalle Apruzzi Danielli ha deciso di fare chiarezza sull’argomento, con una serie periodica di articoli (consultabili anche sul sito internet dello Studio), che esamineranno il d.lgs. 231 del 2001 nei suoi vari elementi e le problematiche che possono presentarsi nella sua applicazione pratica. Non mancheranno anche aggiornamenti sulle più recenti novità in materia di responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato, il tutto per fornire un pratico ed agevole strumento a chi dovesse avere necessità o dubbi su una materia così fondamentale per chiunque si muova nel mondo dell’impresa.